Democrazia (debole) e Internet
Current Berkman People and Projects 2013-04-12
Summary:
Si parla del ruolo di Internet in politica da numerosi anni, ma in questi ultimi mesi il dibattito si è fatto particolarmente accesso. Da una parte c'è chi prospetta, come il Movimento Cinque Stelle, una democrazia elettronica diretta, con la riduzione del ruolo dei parlamentari a quello di semplici esecutori (anche se non è chiaro, oltre al resto, della volontà di chi). Dall'altra c'è chi difende la democrazia rappresentativa così come l'abbiamo conosciuta in questi ultimi decenni in Italia, partiti inclusi, ritenendolo, pur coi suoi difetti, il migliore dei sistemi possibili.
E' necessario provare a superare questa contrapposizione, perché le prospettive più promettenti per il futuro della democrazia a mio avviso non stanno ne' da una parte ne' dall'altra. Per farlo, però, ricordiamo alcuni elementi di contesto.
Primo elemento: i partiti politici italiani risultano da anni l'istituzione meno gradita agli italiani, con indici di gradimento che, a seconda dei sondaggi, scendono spesso sotto il 10%. Questo dato, oggettivamente clamoroso, non significa che gli italiani rigettino la forma partito in quanto tale; significa solo gli italiani non apprezzano i partiti italiani nella loro forma attuale. A questa grave crisi di legittimità - aggravata da un astensionismo sempre più forte - i partiti non hanno finora reagito in maniera adeguata.
Il secondo dato di contesto è che alla massima sfiducia nei confronti dei partiti corrisponde un potere enorme, un vero e proprio monopolio della vita pubblica. Non è questa la sede per analizzare le articolazioni del potere partitico, ma a distanza di oltre sessant'anni dal conio della parola 'partitocrazia' ricordiamo soltanto che è sempre vigente una legge elettorale che dà ai vertici dei partiti il potere di nominare, di fatto, il parlamento. Ricordiamo, inoltre, lo scarso rispetto che i partiti hanno mostrato nel corso dei decenni verso le proposte di legge di iniziativa popolare e gli esiti referendari, le due forme di democrazia diretta esplicitamente previste dalla Costituzione.
Il terzo e ultimo dato contestuale è il processo noto come globalizzazione, che a partire dagli anni '70 ha progressivamente ridotto la capacità delle democrazie di controllare l'economia. Anzi, la globalizzazione ha portato a un'influenza sempre maggiore dell'economia sulla politica, provocando, oltre al resto, un generalizzato aumento delle diseguaglianze, come descritto, tra gli altri, da John Gray, Steve Wolin, Luciano Gallino, Robert Reich, Joseph Stiglitz e Lawrence Lessig.
Non sorprende dunque che molti cittadini ritengano di vivere in una democrazia caratterizzata da limiti molto gravi: un sistema politico opaco in cui la voce del singolo conta solo in occasione delle elezioni, e anche in quel caso solo all'interno di un'offerta politica che non ha avuto alcun modo di influenzare. Una democrazia, insomma, che potremmo definire debole.
Nei decenni in cui si consolida la democrazia debole, però, ha luogo anche un altro processo, ovvero il diffondersi della rivoluzione digitale, che prima riguarda il mondo sviluppato e poi parti sempre più estese del resto del mondo (sia pure con forti limitazioni anche all'interno degli stessi paesi ricchi, come dimostra il grave divario digitale che caratterizza l'Italia). Un numero crescente di persone, dotate di computer personali, inizia a usare Internet, ovvero, una rete che consente di mettere liberamente in contatto una persona con un'altra (come il telefono), poche persone con molte (come la stampa, la radio, la televisione) e i membri di un gruppo tra di loro (come prima di Internet era molto meno agevole fare). Non era mai capitato prima che una rete di comunicazioni permettesse una tale decentralizzazione del potere di comunicare.
Che una simile trasformazione tecnologica dovesse, prima o poi, avere anche forti conseguenze politiche lo capirono subito alcuni osservatori, tra cui Ithiel de Sola Pool a inizio anni '80.
Ma, di preciso, quali conseguenze politiche?
Per rispondere è utile confrontare l'impatto della Rete sulle persone (molto consistente) all'impatto sulla politica (quasi nullo).
Per quello che riguarda le persone, sono ormai milioni gli elettori che, cresciuti con la Rete, sono abituati a procurarsi informazioni e conoscenza in maniera molto più autonoma che in passato. Cittadini che – reagendo, anche se a volte confusamente, alla democrazia debole - hanno sviluppato radicate antipatie per le distorsioni spesso diffuse dai media tradizionali e dai partiti. Il risultato è inevitabilmente contraddittorio, un magma che include superficialità e paranoia, ma anche molti cittadini salutarmente critici, desiderosi di accedere alle fonti, di ripensare con la propria testa questioni fondamentali, come testimoniano i forum online di tutta Europa. Discussioni che è facile criticare per la loro non infrequente scarsa profondità, ma che - è bene ricordarlo - non sono molto diverse da quelle che hanno partorito la modernità, dalla Rivoluzio